La Villa Imperiale

LA VILLA IMPERIALE (Villa di Nerone)

Certamente i più imponenti ed i più famosi resti archeologici della antica Antium conosciuti per la loro fama in tutto il mondo, sono quelli relativi alla grandiosa villa imperiale che si estendeva lungo la fascia costiera, larga una ottantina di metri a partire dalla punta di Capo d'Anzio e Via Furio Anziate, per più di 800 m. verso ponente fino al Capo dell'Arco Muto.

In antico invece, all'apice del suo sviluppo, la villa era di maggiori proporzioni e verso l'entroterra forse giungeva sino all'area dell'attuale Ospedale Militare nella Villa Sarsina. Verso la costa invece si espandeva anche oltre la spiaggia, inoltrandosi nelle stesse acque del mare con interessanti e suggestive soluzioni architettoniche. La villa nella sua storia ha avuto varie evoluzioni e modifiche a secondo del periodo storico e del proprietario, tanto che, per maggior chiarezza possiamo definire queste fasi in: fase Repubblicana ed Augustea, fase Neroniana, fase Domiziana , fase Adrianea e fase Severiana. Nella fase Repubblicana, la villa venne edificata nel piano che domina il mare, posto ad occidente del moderno Faro,  a poca distanza del Capo d'Anzio, verso la metà del II sec. a.C. secondo i migliori canoni architettonici allora in voga.

Muri, stanze, vani, ambienti, tutti perfettamente ortogonali e paralleli tra loro, secondo uno schema rigidamente simmetrico. Questi resti, ridotti quasi completamente alle sole fondazioni, vennero alla luce soprattutto a seguito degli sbancamenti effettuati per aprire la moderna Via di Fanciulla d'Anzio e sono le testimonianze di quanto rimane dopo la distruzione operata da Nerone che vi ricostruì sopra un'altra villa di proporzioni ben più estese. Preziosi e numerosi invece sono i resti dei pavimenti rinvenuti, collegati a queste strutture murarie e costituiti soprattutto da piani battuti nella tenacissima opera signina. Non mancano neppure intonaci dipinti di differente consistenza e differenti colori, sempre in connessione con le strutture sopracitate. A questi pavimenti più semplici se ne accostavano, come nel tablino, altri più lussuosi costituiti da tassellati di marmo. Attraverso un lungo corridoio, poi, si passava al peristilio e di qui si giungeva, attraverso gradini ed alcune costruzioni rustiche, sino agli orti. Resti di questa villa repubblicana furono trovati (e distrutti) fino all'altezza della linea ferroviaria. Da Svetonio apprendiamo che proprio ad Anzio, nel 2 a.C., soggiornava Ottaviano Augusto quando una delegazione del popolo romano lo raggiunse per offrirgli il titolo di Padre della Patria. Che Augusto risiedesse nella propria villa si può arguire, tra l'altro, anche dal fatto che lo storico non cita l'eventuale facoltoso suo ospite. Ora quale villa mai poteva ospitare il primo imperatore di Roma se non questa per l'incanto della sua posizione e ridosso del Capo d'Anzio, affacciata in una pittoresca baia e all'ombra del celebre santuario della Fortuna anziate? 

L'appartenenza della villa all'imperatore Augusto, segna per così dire, anche il futuro della villa stessa che facendo parte della massa imperiale, o patrimonio privato dell’imperatore, passerà di volta in volta nelle mani di ogni imperatore che salirà sul trono di Roma. Nella fase Neroniana, la villa Repubblicana cede il posto ad una nuova villa con assetto architettonico completamente differente. Chiaramente la monumentalità e la grandiosità delle architetture rivela la trasformazione della vecchia villa gentilizia ormai ritenuta insufficiente e non adeguata per la nuova concezione della dimora, del palazzo-villa, degno solo di un imperatore ormai padrone del mondo conosciuto, adorato come un dio. Poteva essere soltanto lui, Nerone Claudio Druso Germanico Cesare mosso non solo dalla consueta sfrenata brama di gloria e di ostentazione, ma anche da un profondo amore per la città che diede i natali non solo a lui ma anche ad altri suoi congiunti. La nuova architettonica più rilevante rimane il gigantesco belvedere semicircolare, arricchito di una loggia a colonne come nella altrettanto famosa Villa Iovis a Capri, fatta costruire da Tiberio. L'ampia esedra che si origina dalla zona dell'ex tiro al volo, era chiusa a mare rettificando il ciglio della pentima costiera, da un enorme muraglione. Il prospetto a mare della possente muraglia di contenimento era quanto mai equilibrato ed elegante: costruzioni su differenti piani ed un grandioso portico nascondeva la massa muraria. Il grande muraglione lineare che delimitava il portico verso terra era spezzato ed alleggerito da un'esedra quadrangolare, ornata all'ingresso da colonne nella parte centrale e, distanti da questa circa 14m., da altri due nicchioni larghi quasi 4 metri ed alti almeno il doppio.Queste due nicchie, ornate nel catino dal motivo classico della conchiglia, ospitavano due statue: quella della "Fanciulla" fu rinvenuta ancora in piedi sulla sua base nella nicchia occidentale. 

Una serie di sotruzioni e contrafforti costituiti da nicchioni che spesso penetravano nell’alto banco di macco, assicuravano stabilità alle costruzioni superiori e costituivano una valida cerniera per quelle che degradavano, a più piani, lungo la scogliera verso il mare. Lunghi corridoi, cunicoli di servizio e scalinate mettevano in comunicazione gli ambienti superiori con quelli costruiti sul mare stesso su di una banchina o piattaforma sostenuta da palizzate lignee. Proprio dietro il promontorio di Capo d'Anzio venne costruita una darsena da diporto e di servizio per le piccole imbarcazioni imperiali. Nell'entroterra, molto vasto, la villa si articolava in padiglioni, ninfei, terme, giardini, fontane, terrazzi e belvederi. In questa fastosa villa o palazzo imperiale gli architetti cercarono certamente di soddisfare ogni desiderio e capriccio dell’imperatore per rendere il suo soggiorno ad Anzio il più gradito possibile. Nei vasti ed eleganti nuovi ambienti, potevano svolgersi al coperto anche, recitazioni, piccoli spettacoli, danze e musiche destinate all'intrattenimento degli ospiti imperiali e al folto stuolo di cortigiani che in ogni stagione dell’anno affolavano la villa. Nella fase seguente, Domiziano, non meno di Nerone portò ad Anzio il suo gusto del grandioso e del raffinato ed Adriano, che non fu da meno, completò l'opera iniziata. Murature in materiale laterizio e grandi ricorsi bipedali, allettati da ottima malta pozzolanica grigiastra, a letti sottili, si innestano nelle strutture neroniane a ridosso del lato occidentale della villa. Il modulo architettonico degli ambienti ritorna ad essere quello rettilineo del primitivo impianto della villa. Nel lato a mezzogiorno in particolare, ampi finestroni arcuati, sempre scanditi da lesene, si aprivano direttamente  sul mare in maniera tale da offrire un'areazione ed un'illuminazione ottimali, unitamente al gradevole panorama sul mare. La decorazione architettonica era integrata da quella pittorica: giardini fioriti animati da gaie fontane e da numerosi e variopinti uccelli che intrecciano voli tra gli alberi lussureggianti e si posano lievemente sui bordi delle fontane. Questo raffinato ambiente doveva anche essere popolato di numerose statue collocate nelle nicchie ed arricchito di vasi e soprammobili posti nei piccoli vani rettangolari. Si pensa che potesse trattarsi della famosa biblioteca imperiale che ben conosciamo attraverso le fonti epigrafiche. Filostrato infatti, ospite di Adriano in Anzio, in un suo scritto (Apollonio VIII, 20) oltre che celebrare l'amenità del luogo e la bellezza della villa, esalta le collezioni bibliografiche della biblioteca anziatina e ricorda soprattutto una vera e propria rarità: un libro con gli scritti di Pitagora. Ma le caratteristiche di questa grande aula non escludono neppure che possa essere stato un ambiente che costituiva uno dei più raffinati luoghi di incontro e di svago della villa imperiale dove rilassarsi, magari dopo i bagni nell’attiguo calidarium o semplicemente luogo per sfuggire alla calura estiva senza privarsi al contempo del fascino e del profumo del mare e della inebriante luce solare. Dai bolli laterizi e dalle tecniche costruttive, possiamo attribuire a Domiziano in particolare tutta questa sistemazione interna della villa con la costruzione di sistemi di isolamento delle sale e di canalizzazione delle acque. Ad Adriano invece vanno attribuite piuttosto le opere di abbellimento e di decorazione secondo il gusto ben conosciuto della sua villa ai piedi di Tivoli nonché una serie di padiglioni distaccati dal corpo centrale della villa di cui rimangono pochi avanzi che mettono in mostra la perfetta tecnica costruttiva adrianea fatta da una serrata cortina di mattoni triangolari, sottili, ben cotti e perfettamente uguali. Ci è noto dalle fonti storiche, che la villa subì durante il regno dei Severi (fase Severiana) un altro importante restauro ed alcune radicali modificazioni dell’architettura precedente. Il gusto delle enormi e massicce realizzazioni architettoniche, tipico di questa epoca, è presente anche nella villa imperiale di Anzio. Abbattuta sin quasi alle fondamenta ed interrata l'esedra neroniana venne eretto un grande atrio ad otto colonne come, fanno fede i dadi di base su cui poggiavano le colonne in prezioso marmo cipollino. Questo atrio o ingresso principale immetteva attraverso una breve e larga scalinata alla nuova imponente aula del palazzo. Questa aula, tripartita per la sua grandezza in tre navate, ci richiama la monumentalità delle basiliche romane del tempo. Le terme, poste poco più ad occidente della biblioteca o dieta della fase precedente, costituiscono un altro importante e caratteristico edificio della fase Severiana. Dell’intero complesso, senz'altro imponente e monumentale, rimane ancora ben visibile il calidarium, ovvero l'aula riservata ai bagni in acque calde. Pareti che risplendevano di preziosi marmi disposti in colorite decorazioni di tipo geometrico. Tra questi marmi abbondava il celebre e costosissimo marmo "africano". La villa imperiale raggiunse in questa ultima fase la sua massima estensione.